L'articolo esplora in dettaglio l'occlusiva dentale sonora, un suono consonantico fondamentale nella fonetica italiana. Verranno analizzate le caratteristiche articolatorie, acustiche, la sua distribuzione nella lingua italiana, le variazioni dialettali e la sua rappresentazione ortografica.
Le consonanti dentali si producono tramite un'occlusione formata tra l'apice della lingua e gli incisivi superiori. Questa categoria fa parte di un gruppo più ampio di consonanti, le coronali, dove l'articolatore attivo può essere sia l'apice che la corona della lingua, e l'articolatore passivo è l'area che va dagli incisivi al prepalato. L'Alfabeto Fonetico Internazionale (IPA) suddivide le dentali in tre sottoclassi contigue:
L'occlusiva dentale sonora [d] è prodotta creando una chiusura completa con la punta della lingua contro gli alveoli superiori, seguita da un'apertura brusca che rilascia l'aria. Durante l'articolazione di [d], le corde vocali vibrano, rendendola sonora.
A livello di fonetica acustica, il luogo di articolazione dentale può essere individuato attraverso l'analisi delle formanti, in particolare la seconda formante (F2). Per una voce maschile, F2 si attesta generalmente intorno ai 1500-1800 Hz. Nel caso delle occlusive, dove la seconda formante potrebbe non essere direttamente visibile, si analizza la deviazione delle seconde formanti delle vocali adiacenti, che tendono a spostarsi verso la zona frequenziale di 1500-1800 Hz.
L'analisi spettrografica della parola "lode" [ˈlɔːde] fornisce un esempio concreto. La seconda formante della vocale [ɔ] sale da circa 1000 Hz a 1200 Hz, mentre quella della [e] mostra una deviazione iniziale ascendente che parte da circa 1600 Hz e raggiunge i 1900 Hz.
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Le occlusive sonore si distinguono per la presenza della barra vocale durante la fase di chiusura, che indica l'attività delle corde vocali. L'esplosione (burst) è meno evidente nelle occlusive sonore rispetto alle sorde, a causa della minore differenza di pressione dell'aria tra la fase di chiusura e quella di apertura.
Il Voice Onset Time (VOT) è l'intervallo temporale tra l'esplosione dell'occlusiva e l'inizio delle vibrazioni periodiche del suono successivo. Le occlusive sorde hanno generalmente un VOT più lungo e un rumore di esplosione più intenso rispetto alle loro controparti sonore.
L'inventario consonantico italiano include le occlusive bilabiali /p b/, alveolari /t d/ e velari /k g/. Per le occlusive alveolari /t/ e /d/ è facile trovare molte coppie minime, come turare [tuˈraːre] e durare [duˈraːre], tonto [ˈtonto] e tondo [ˈtondo], che dimostrano il loro valore distintivo nella lingua.
La realizzazione delle occlusive, inclusa quella dentale sonora, varia significativamente nei diversi dialetti italiani.
Le occlusive sono presenti in tutte le lingue del mondo, ma la loro frequenza varia. In italiano, /t/ è l'occlusiva più frequente, mentre /g/ è la meno ricorrente.
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Le occlusive possono formare l'attacco monoconsonantico di una sillaba, sia all'inizio che all'interno di una parola. In un attacco complesso, l'occlusiva può essere preceduta solo da /s/. Il segmento occlusivo può essere seguito da una vocale, un legamento o una consonante liquida (muta cum liquida). Le occlusive chiudono la sillaba se geminate o in alcune parole dotte.
In italiano, la corrispondenza tra fonemi occlusivi e grafemi non è sempre univoca. Le maggiori divergenze si riscontrano con /k/ e /g/, che sono rappresentati con ‹c› e ‹g› davanti a /a ɔ o u/, /w/ o altre consonanti, e con ‹ch› e ‹gh› davanti a vocali anteriori o /j/. Il suono /k/ può anche essere rappresentato dal digramma ‹qu›, sempre seguito dal legamento /w/.
Questa situazione può creare incertezze ortografiche, specialmente per chi apprende l'italiano come L2, a causa dell'uso di ‹cu› e ‹qu› per lo stesso suono. Questa asimmetria ha una motivazione storica, in quanto le parole con ‹qu› sono spesso latinismi che hanno conservato la grafia originale.
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